mercoledì 14 dicembre 2011

"STICAZZI E STILIVIDI" [cit]


Dopo i preservativi targati Louis Vuitton e Burberry, i vibratori di Hello Kitty e le manette di Cesare Paciotti, Diesel stupisce tutti e con un colpo - non si dovrebbe usare questa parola in questo caso, ma purtroppo è così - ha scansato tutti. E vince.
Rullo di tamburi.
Ed un caloroso applauso al marchio italiano per le sue Blowjob Kneepads.

Niente bigottismo né perbenisismo, solo complimenti per la genialità Diesel: comode ginocchiere, lanciate dal marchio per consentire a donne e uomini di fare sesso orale senza farsi male alle ginocchia. Mica un'invenzione da niente. Basta cuscini, basta lividi, spazio alle ginocchiere.
Purtroppo il meraviglio strumento di piacere e comodità è in vendita solo in India (dove peraltro la pratica orale è considerata fuori legge): Diesel offre gratuitamente ai clienti che spendano più di 150 dollari questo piccolo omaggio. Oltre a fare la cresta sulle spedizioni, potrà tornare utile svezzare le/gli giovani indiane/i.

Ovviamente non sono niente di nuovo, non è che Diesel ha inventato le ginocchiere del secolo: sono ginocchiere qualunque, come quelle che si usavano per andare sui pattini o per qualunque altro sport. "Vien quasi da pensare che l’oggetto in questione richiami esclusivamente il marchio e non il vero e proprio uso in sé, ossia l’accortezza di proteggere le ginocchia durante l’esecuzione dell’atto sessuale". Ma no.

Dicono che quello che colpisce sia il packaging. La confezione all'esterno è molto anni Cinquanta: slogan come "knee caps for better head", cioè "protezione delle ginocchia per una testa migliore" (la regia informa che "head" ha come significato anche "fellatio senza mani": l'interpretazione dello slogan vien da sè) e "buy one and get one pearl necklace free", "paghi uno e prendi una collana di perle gratis". In una parola, pay-off molto efficaci. Per non parlare della stampa interna: l'efficacia fatta ad immagine. Dicono stupisca il ritratto di una donna a bocca aperta. Cosa ci sarà poi da stupirsi?

mercoledì 7 dicembre 2011

REVENGE, IL TELEFILM NON PERDONA

Alexandre Dumas, Quentin Tarantino, un pizzico di Gossip Girl e chi più ne ha più ne metta. Il tutto ambientato negli Hampton. Auguri.


Emily Thorne, prima nota come Amanda Clarke, è bella, bionda e disposta a qualunque cosa pur di riuscire ad ottenere una spettacolare quanto crudele vendetta nei confronti di chi ha rovinato suo padre ed il loro idillio: "Lo sai quanto ti voglio bene, Amanda?" - "All'infinito?" - "Bè, all'infinito moltiplicato per infinito". A chi non verrebbero dei traumi? Al limite del complesso di Elettra.
Ecco allora la Sposa tarantiniana diventare la Figlia. L'Edmond Dantes dumasiano farsi i boccoli.

Dal pilot intuiamo che il piano della emo Amanda (appena uscita da quello che sembra un riformatorio, lo è) prende forma quando lei aveva diciotto anni: l'amato genitore morto, una fortuna in eredità, un alleato che sembra uno degli Oasis e una scatola. Le scatole non contengono mai nulla di buono ed infatti raccoglie tutte le magagne sul complotto che le ha incastrato il padre e l'identità di tutti quelli che hanno distrutto la loro vita. E chi ha rovinato la vita ad una bambina che ama le stelle marine e al suo papà con le méche? La cricca di cattivoni newyorchesi, che ruota intorno all'ape regina, Victoria Grayson.
La premessa è buona, il pilot coinvolgente. Non c'è niente di nuovo però eh: luoghi di villeggiatura come gli Hampton, fin dai tempi di Agatha Christie con "Delitto al sole", hanno avuto quel potenziale da luogo di violenza e perdizione. Per non parlare della componente Peyton Place, una piccola comunità appartata ed isolata, dove vige la monarchia assoluta della più botoxata Madeleine Stowe degli ultimi tempi.

Ma la serie ABC firmata Mike Kelley racconta un complicato ed esaltante bel piano di vendetta di quelli dai quali non ti puoi staccare perchè tanto tutti centrano con tutti. Ma qualche errore di sceneggiatura l'abbiamo fatto.
I monologhi in voice over? No. Erano bastati quelli di Grey's Anatomy a far la morale sulla vita e sulla piccolezza di noi umani, e ora arriva la Emily Thorne della situazione a ripetere nella sola puntata pilota "revenge" e "forgiveness" una quantità tale di volte che vien da dire HOCCCAPITO.
Le riprese sgranate dei momenti con il padre (e la relativa soundtrack)? No.

Ma fortuna che poi arrivano tutti quei cliché di personaggi che danno subito quella sensazione di essere a casa, come a guardare un telefilm da adolescenti: il marito infedele che frequenta biblicamente la migliore amica dell'ape regina è un affronto enorme pagato con l'ostracizzazione della povera, una giovinetta modaiola che indossa bikini da esplorazione rettale e un figlio maggiore bello e spavaldo che conquista tutti con quella mossa zoolanderiana di togliersi gli occhiali da sole, il giovane proletario che mette gli occhi sulla giovinetta modaiola di prima, l'organizzatrice di eventi ex-escort di "Il diario segreto di una squillo perbene", e un nugolo di Mean Girls.

Tutto questo appoggiato su fondali infiniti, al limite di un film in costume, insieme a questi primi piani intensi ed ammiccanti tipici di un piano di vendetta. Qui è lo spettatore che sa più dei personaggi stessi: è il tantosochemuori contro il nonsocosastasuccedendo.
E la chicca iniziale di Jack che uccide Daniel alla sua festa di fidanzamento con Emily, mentre Nolan le strizza l'occhietto è davvero un amore.
Tutto andrà per il meglio.