«Ve ne pentirete. Ve ne pentirete. Ve ne pentirete». E il pentimento non ha tardato ad arrivare.
American Horror Story è davvero uno strepitoso mix tra i classiconi dell’horror e le vie della psiche umana. Bello ed affascinante, fa decisamente decisamente paura. Anche troppa.
Si parte dal solito cliché: due gemelli (un grazie a Shining) muoiono nella casa infestata e trent’anni dopo lì dentro ci va a vivere la famiglia con più traumi del mondo. Già brividi. E intanto si dipana la storia di questa famiglia, gli Harmon poveretti, che a quanto pare ne ha una nuova ogni giorno. Ben (psichiatra mica tanto regolare), Vivien (ex-violoncellista fissata con il bio e traumatizzata dalla vita) e la figlia Violet (una emo sociopatica), senza contare il fantasma del figlio abortito – cinismo a parte, uno ci passa anche sopra – arrivano a Los Angeles, dopo essere scappati da Boston per dimenticare il passato. Il passato si chiama Aborto e Tradimentodiquellostronzodelmaritochepersuperareiltraumadellaperditadelfigliosièscopatounasuastudentessa.
Da qui tutto diventa allucinante ed allucinato.
Il vicinato è a dir poco improbabile. Costance – quel gran pezzo di Jessica Lange – è la sciantosissima vicina di casa, non poco inquietante: ex attricetta, ha mollato tutto quando è arrivata la “mongoloide”. La suddetta è Adelaide, la figlia down di Constance, quella che ha cercato di avvertire i gemelli che per loro quel giorno sarebbe finita male («Morirete lì dentro»), e invece…
Intorno altri due o tre personaggi, ma non meno da brivido. C’è Tate, un giovane paziente di Ben, con l’ossessione del sangue, che diventerà la coscienza cattiva di Violet (che fine fa quella povera compagna di scuola), ma che ringraziamo per l’omaggio a Rick Genest. Poi salta fuori la storica governante di casa, Moira, quella che tutti vedono come una vecchia con un occhio di vetro, ma che agli occhi di Ben è una topa assurda che fa zozzerie nelle stanze vuote. Ed infine, giusto prima che il primo episodio finisca fa la sua comparsa Larry, il Due facce della situazione, rimasto sfigurato nell’incendio in cui ha ucciso la moglie e le due figlie: però le ha uccise perché glielo dicevano le voci nè.
La serie si muove bene tra l’horror (grandi citazioni di Shining e Psycho e storici cliché come il sottoscala, la casa infestata e roba varia) e lo psicologico (Ben che va sonnambulo a cercare sempre il fuoco mette ansia, soprattutto dopo che Larry caro in quella casa ha ucciso la famiglia bruciandola). In mezzo a tutto questo una vera ossessione per il corpo umano. E per il sesso, com’è giusto che sia (solo Vivien poteva trovare un fantasma pervertito che se la scopa con addosso una tuta di pelle sadomaso).
Pare ci siano tutti i presupposti perché questa serie diventi un fenomeno. Sempre se prima della fine dei tredici episodi a qualcuno non prenda un crìc dallo stremìssi. Per sicurezza, guardare qualcos’altro.
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