mercoledì 30 novembre 2011

SCUSA (SESSO) MA TI CHIAMO AMORE

Orge. «Posso andare a guardare, per interesse antropologico, per i ritratti umani». Da ragazza esperta a scrittrice, da cartomante televisiva ad antropologa. Il viaggio è stato lungo per la nostra Melissa P (anarello per intero) che ora si cimenta con la saggistica: “In Italia si chiama amore” è la sua ultima fatica. Come cresce la nostra bambina.

Non le è mai stato stretto questo parlare sempre della stessa cosa?
Ho fatto anche altro. E poi è come chiedere a Lucarelli se non è stanco di parlare sempre di crimini.
Magari è stanco.
Io penso che invece gli interessi, come a me interessa il sesso.
dall’intervista di Silvia Nucini a Melissa P. su Vanity Fair n.47
  
Il nuovo libro (con lo stesso titolo dell’inchiesta tv di Virgilio Sabel del 1963), edito da Bompiani, dipinge in 111 pagine il ritratto dell’Italia di oggi, vista attraverso il filtro del sesso. E a quanto pare quello che si vede non è che sia un bellissimo spettacolo. Ma proprio per niente.
Una sorta di excursus nella sessualità nostrana alla ricerca di grandi scoperte. La nostra studiosa dovrebbe essere una delle ultime a cui manca ancora qualcosa da scoprire, ma vabbbè... la sete di conoscenza non ha limiti. Ogni personaggio rasenta il grottesco, l’eterna altalena/cliché tra la ragazza che sogna la ricchezza e per averla si vende e il potente che con i soldi si compra il piacere. Le scoperte antropologiche eh.

Milo Manara, vero e indiscusso maestro della trasgressione, in un’intervista rilasciata a Francesco Caldarola diceva: «
La mia contestazione parte proprio dal messaggio che si evince da questi fatti (il Bunga bunga, nda), e cioè che a venire prima di tutto è il denaro. Queste ragazze vengono assolte anche dall’opinione pubblica, assolte dalle regole del mercato. Non viene più giudicato l’aspetto morale, né quello erotico, ma solo quello mercantile. Nei miei disegni il desiderio è una delle componenti più importanti. L’altra è la trasgressione al comune senso del pudore. Ma oggi è molto difficile suscitare pubblico scandalo». Quando ha iniziato a disegnare, il maestro, alla fine degli anni Sessanta sì che l’eros (molto più politicamente corretto del volgare sesso) era eversivo, provocatorio, liberatorio. Ah, caro Milo, non torneranno quei bei tempi, in cui una tetta nuda o un accenno di chiappa potevano davvero far venire uno s’ciopone. O altro.

«Il nostro è il paese degli esibizionisti – spiega la ventiseienne sessuologa P. – che rispondono alla richiesta di un popolo di guardoni. È il paese in cui, ancora oggi, a pronunciare la parola “sesso” fa scappare la risatina da bambini. Nonostante l’ostentazione pornografica a cui dagli anni Ottanta in poi siamo stati abituati, in Italia regna un pudore sconsiderato. E non vengano fraintesi comportamenti e costumi odierni, più libertini di quelli di ieri: una minigonna inguinale può rivelarsi una maschera tanto quanto una gonna sotto il ginocchio. Un tempo, almeno, l’ipocrisia aveva una veste adeguata. Oggi, invece, è un’ipocrisia travestita da libertà».

Andando oltre gli stereotipi, c’è qualcosa di romantico e poetico in tutto questo. D’altronde come nelle orge, dice la nostra Meli dai cento colpi.
Che poi tutti scambiano la sua pudicizia, per freddezza. Povera.



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