Essere sempre l’ultima a scoprire le cose è una dote. O meglio una cosa che c’hai e non ti scolli. Ed ecco allora che approdare a siti fantasticamente illuminanti non è più una cosa da condividere, se quegli stessi siti sono già conosciuti all over the world. Ma vabè. Alla scoperta di Vice (questo il sito scoperto, ma che sembra che già tuuuutti conoscano), cerca cerca, ravana ravana, ci si imbatte in un’artista mica tanto registrata. Miranda Hutton.
Ah, prima che la legge bavaglio banni questo post all’istante, rettifico il giudizio riguardo la fotografa inglese: è molto brava, “mica tanto registrata” si riferisce ai soggetti non convenzionali usati per le sue fotografie.
Prendi una macchina fotografica, metti a fuoco stanze di bambini morti. E scatti. Questo è “Rooms Project”, datato 2003/2004. L’intervista sul sito è fantastica: lei racconta di come questo progetto nasca da un trauma (a 17 anni le muore un’amica di cancro e i genitori – dell’amica – lasciano che loro amici entrino nella stanza della poverina, e anche spesso). Quindi Miranda intuisce subito il legame tra spazio e oggetti. Ovviamente, la foto della stanza dell’amica c’è, fatta con anni di distanza ma c’è.
[…] fotografare quella stanza ha significato immortalare gli oggetti, costringendoli a raccontare le loro memorie nascoste. Dopo quel che ho fatto la stanza ha subito un graduale cambiamento e piano piano i genitori hanno cominciato ad utilizzarla […] Nonostante l’arredamento sia rimasta praticamente lo stesso, all’interno è stata data una spolverata e alcuni oggetti sono stati spostati.
Quindi, in parte, è merito tuo e del tuo progetto se i genitori sono riusciti a superare il trauma?
no. Non credo di aver aiutato, ma sono convinta che esista un processo universale secondo cui la gente nelle prime fasi del lutto resta aggrappata agli aspetti materiali del defunto per poi lentamente lasciarli andare. Le mie immagini immortalano solo una parte di questo lungo processo di accettazione del dolore […]
Lavorando al progetto cosa hai trovato più interessante?
Molte di queste stanze finiscono per diventare il ripostiglio di valigie e cose così, quando succede è significativo perché vuol dire che si sta andando avanti. Ci sono altre situazioni […] e stanze in cui sembra che le cose non siano mai cambiate. […] Un’altra cosa interessante è che anche quando vengono riutilizzate, l‘arredamento non cambia mai, sono sempre la stanza “di quello o di quell’altro”. Sai, la stanza di Allison o la stanza di Susan.
Ed eccola qui, il Caronte dei vivi. Ti muore un figlio, fai ciiis.
Sembra una cosa strana, ma mica tanto: nel film “The Others” (brividi e popcorn per due ore intere, oltre a qualche principio di angina pectoris qua e là) si racconta che ai morti venivano fatte fotografie nelle quali sembrava che dormissero in modo da racchiuderne l’anima. Ebbene sì, e sti ghostbuster de no’attri erano pure convinti di catturare gli spiriti sulla pellicola fotografica, pensa te che ròba. Ed era pure una cosa un sacco di moda nel vecchio mondo anglosassone. Questi inglesi.
Nessun commento:
Posta un commento