mercoledì 29 agosto 2012

MR. ASAHI VIVE A BIELLA

Da Biella con furore. Passando per il Giappone.
Ci si conosce nella aule di chi finge, e anche male, di essere iscritto alla facoltà di Scienze della Comunicazione. Si passano anni a preparare esami che nella vita non avranno mai uno scopo davvero degno di tale nome. Il proprio tempo è diviso tra birre medie per pranzo e bigliettini fatti per aggirare quel nerd del professore di informatica. 

E dopo cinque anni ci si ritrova una blogger disoccupata e un artista alle porte di una mostra.

Tirare le somme dovrebbe essere semplice.

E così il nostro caro biellese ne sta mettendo in piedi una grossa. Mica una delle sue solite cazzate. Dopo sporadiche collaborazioni al fine di rilanciare il livello culturale di questo blog, dai suoi opinabili consigli musicali alle sue bizzarre consulenze in fatto di stile, ora tocca elogiarlo per davvero. Dopo Flickr, la sua Nippon Collection approda in formato tridimensionale e reale.

Sì, perche Mr. Asahi, aka Matteo Bernardini, inaugurerà la propria esposizione di stampe giapponesi, "Nippon Collection" appunto, venerdì 21 settembre alle 18 a Villa Cernigliano, Serra dei Leoni (via Clemente Vercellone 4, Sordevolo, BI). La mostra poi continuerà per un mese. Fino al 28 ottobre.
La collezione ha un che di ardito, diciamo che tirarsela è sempre la prima cosa. E a volte, pure a ragione. Le immagini sono di fine Ottocento, per la maggior parte del fotografo Beato Felice: è stato lui il genio a pensare di colorarle. Anvedi Beato. Il Bernardini le fotomonta. Atmosfera misteriosa e antica, uso dell'acquerello e tecnica digitale sospendono le immagini in una dimensione onirica, tipica di quelle serata universitarie a cui il Bernardini era particolarmente avvezzo. 

"Nel 2007 ho intrapreso un breve viaggio in Giappone - racconta l'artista - Ho visitato la parte più rurale e interna, la città di Kiryu, dove ho potuto assaporare la cultura e il fascino del Giappone più puro e incontaminato e dove, in uno dei luoghi visitati, sono entrato in contatto per la prima volta con le fotografie di Beato Felice, che in Giappone è molto apprezzato e ammirato. Successivamente mi sono spostato a Tokyo, dove ho potuto apprezzare anche laltra faccia della medaglia, la metropoli dai ritmi forsennati che sembra non lasciarti il tempo nemmeno per respirare. Negli anni, il ricordo del viaggio è rimasto vivo al punto che volevo trovare un modo per onorare e rendere reale il sentimento di ammirazione che era nato in me. Ho così collegato idealmente Italia e Giappone nel modo che mi era stato suggerito dal Giappone stesso: con le fotografie di Beato Felice. Il processo, iniziato verso la metà del 2011, mi ha portato ad oggi ad avere venti opere, che verranno esposte alla Serra dei Leoni di Sordevolo". Dichiarazioni professionali.


Non dovevo copiare all'esame di informatica.


lunedì 20 agosto 2012

BOBBE', TRA PRINCIPI E REGINE




Metà donna, metà uomo. O meglio, metà trucco, metà senza trucco.

   

Sì, perché le Half Drag del caro Leland Bobbé, fotografo di New York, non sono semplicisticamente la separazione tra maschio e femmina. Probabilmente c’è un “oltre”. Non è qualcosa di biologico. Non è femmina. Non è maschio. Un po’ come Balto non era né cane né lupo.
Forse è questa la sessualità di oggi. Forse.

Si poteva lasciare intentata un’intervista?

Come nascono le tue idee? Come nasce una tua fotografia?
Le mie idee nascono da posti differenti. Il mio progetto Neo Burlesque è stato ispirato del NY Times che ho letto. L’idea del mio progetto Half Drag mi è venuta dopo aver incontrato una drag queen ad una festa. Gli altri progetti, come la fotografia di strada, mi sorgono alla mente solo vedendo qualcosa che suscita il mio interesse.

Com’è nato il progetto “Half Drag”?
Ho prima scattato una serie di ritratti di artisti di Neo Burlesque, la quale è stata esposta al Museo del sesso qui a New York per tre mesi nella primavera dello scorso anno. Poi ho visto lo scatto di un artista maschile di burlesque su Facebook, vestito metà uomo e metà donna, e gli ho chiesto di venire presso il mio studio per un ritratto. Il risultato era ottimo. In seguito ho incontrato una drag queen ad un party e ho pensato sarebbe stato fantastico farle un ritratto usando lo stesso concetto. Così è cominciato tutto.

Una delle tue collezioni che preferisco è NeoBurlesque: racconta. È un bellissimo progetto con bellissimi scatti.
Grazie. Ho scattato tutti quei ritratto più di due anni fa. A New York il Neo Burlesque è molto popolare ed orientato alla art performance: ho trovato gli artisti soggetti molto interessanti.

Qual è il tuo progetto fotografico preferito? Cosa prendi dalle tue fotografie?
È difficile per me dire quale sia il mio progetto preferito. Tutti esprimono qualcosa di diverso e tutti sono stati motivo di divertimento e sfida. Dirò che Half Drag sembra essere il progetto più popolare: nell’ultimo mese è stato mostrato da più di cento blog, siti e riviste online in tutto il mondo. E le richieste continuano ad arrivare.

Dio salvi i fotografi. E i blogger.


venerdì 20 luglio 2012

HAPPY LOLLIPOP DAY

Oggi è la giornata nazionale dei leccalecca. 
Il tossico social network, per cui dobbiamo ringraziare il caro Mark, non ha tardato a diffondere l'informazione. 
Today is National Lollipop Day. Happy National Lollilop Day. Good Lollipop.

Sì, il 20 giugno è stato eletto come giorno dedicato ai leccalecca. Perchè? Ma chi l'ha deciso? E quando, poi? A che pro? Ma d'altronde tutte queste domande sono inutili quando si ha a che fare con gli americani, inventori di ricorrenze quantomeno bizzarre
Per il National Lollipop Day promozioni, ricette (da non sottovalutare la ricetta della radice alla birra), sconti, personaggi improbabili (come la ex Playboy-girl Holly che fa i suoi auguri, che al capitolo leccalecca ne deve aver collezionati tanti e c'ha costruito una carriera).
Mille forme, mille colori, mille sapori. Il leccalecca era il dolce preferito di tutti, prima che avessero significato i doppisensi e diventasse troppo volgare mangiarlo per strada. 
Dovrebbe essere chiaro da dove prendere il nome, almeno quello. Pur non si sappia da dove arrivi la ricetta, il responsabile di tutte le allusioni sessuali di cui sono state vittime le ragazzine tra i quattordici e i sedici anni (per qualche generazione lo spazio temporale potrebbe essere diverso, molto diverso) è il signor George Smith. 
L'americano George, agli inizi del secolo scorso, era proprietario di un negozio di dolciumi  e pensava che avrebbe gasato non poco chiamare una particolare caramella "lollipop", come il suo cavallo da corsa preferito "Lolly Pop".

Tutto questo non fa che aumentare quell'irresistibile voglia di cadere nel volgare e nel trash con battute di quart'ordine che farebbero impallidire anche il peggior cabarettista.

Bè, buona giornata nazionale dei leccalecca. Si può dire, no?

mercoledì 18 luglio 2012

L'UOMO CHE DISEGNA LE DONNE


She. Lei. Sì, ok.Ma non è Lei, è una lei, con la lettera minuscola. Una lei, tutte le lei. Acuta, disinvolta, pungente. Una da presentare agli amici. Dicono. Ed è solo un disegno, solo carta e matita, quella di Lorenzo Calza. L'uomo che disegna la donna. Le donne.



Prima di tutto, chi sei?
Un quarantenne, padre di famiglia. Poi, scrivo, disegno e cittadino (mi piace pensarlo come un verbo). Spesso mi si trova in edicola come sceneggiatore di "Julia", la criminologa edita da Sergio Bonelli Editore. Volendo, si recupera un mio romanzo intitolato “La commedia è finita”. In rete sono più conosciuto come vignettista, a firma “elle©i”.

Ora racconta una storia. Chi e cos’è She? È sempre di spalle, non ha un volto? Ti sei ispirato a qualcuno?
No, a tutte. Nasce in un momento in cui nessuno parlava della questione femminile in Italia, e lei si è messa a questionare. Ma l’ha presa da una certa angolazione, non diretta, non di petto. Forse per questo è sempre di spalle. Oltre al necessario pudore che è sorto nell’autore, per non rappresentare la nudità in modo banale ma quasi metafisico. Ecco, per questo She mostra metà fisico.


Perché She? Chi ha bisogno di lei? E lei di cosa ha bisogno?
Potrei dire che lei ha bisogno di chi ha bisogno di lei. Ma poi mi scapperebbe da ridere. Forse non è questione di bisogni, ma di necessità, urgenza di esprimersi. Espressione pura, senza fronzoli. In realtà nella vignetta She non ha mai nessuno intorno, né oggetti. Niente. Solo lei, nuda e la parola. Credo che piaccia per questo.

Avrebbe senso un He oppure no?
She è il massimo della vita, la possibilità di spersonalizzarsi all’estremo, fino a trasformarsi non in qualcun altro, ma in qualcun'altra. E il tutto nella sintesi che sprigiona sensi. Una sfida quasi impossibile, secondo me così non ci era mai arrivato nessun vignettista maschio. Per chi fa il mio lavoro è l’obbiettivo più alto possibile. Mi sento un astronauta abbastanza incompreso.

Tu, una matita da disegno, un foglio bianco e..
Il mondo. Io la vivo davvero così. Sono un mondialista totale, che si trova a rappresentare quel pezzo sensato e plausibile della totalità che chi mi sta a fianco possa cogliere. Mi piacerebbe poter fissare ogni respiro dei miei figli, invidio Carl Larsson che ci riuscì. Ma preferisco lasciarli liberi di respirare la loro vita.

Cosa o chi ti piacerebbe disegnare, ma non sei ancora riuscito a farlo?
Mi piacerebbe raccontare un paese diverso, che torni a rappresentarsi e a capirsi attraverso la cultura, anche la più popolare. Invece di questa striscia di terra perduta, in un mare di ovvietà e fascismo da operetta.


Insomma, She è il massimo della vita. Come tutte le donne. O quasi. 
E questo lo dico io.


martedì 10 luglio 2012

ORDINARIA VITA LILLIPUZIANA


Genio e cibo. Follia e cibo. Fotografia e cibo.

Questi sono i Mondi Commestibili, Edible Worlds, di Christopher Boffoli. Un caro artista di Seattle pure simpatico, mica spocchioso come tutti quelli che se la menano perché sono riusciti a mettere a fuoco l’originalità di una bella foglia dentro una pozzanghera (senza nulla togliere né alla foglia né alla pozzanghera eh).
Cibo a grandezza macroscopica, che crea un mondo dove persone a grandezza microscopica vivono storie.

E che si fa? Non lo si va a cercare per fargli qualche stupida domanda? Sì.

Com’è nata l'idea della collezione Big Appetites nella tua testa?
La genesi della mia serie di fotografie nasce da quando ero bambino. C'erano così tanti film e show televisivi che sfruttavano sia il potenziale drammatico e la commedia di una giustapposizione di diverse scale: le persone piccole in un mondo di dimensioni normali (nda, anch’io ho visto “Tesoro mi si son ristretti i ragazzi” ma non ho avuto quest’idea geniale). È un tema culturale sorprendentemente comune che risale fino ai Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift nel XXVIII secolo e forse anche prima. E poi, i bambini per primi vivono in un mondo adulto per loro fuori scala.


Quando ho cominciato a scattare alcune delle primissime immagini di questa serie, intorno al 2003-04, scegliere il cibo come componente è stata una scelta consapevole: il cibo è bello per consistenza e colore, lo è ancora di più con le luci giuste. Poi la combinazione tra cibo e giocattolini rende il concetto accessbile a tutti. Indipendentemente dallo stato di lingua, cultura e sociale, quasi tutti possono identificarsi con i giocattoli della loro infanzia. E se si mangia con la forchetta, bacchette o le mani, tutti capiscono cibo. Sedersi a tavola ci fa sentire più umani.



Christopher ci tiene che vengano dati i riferimenti delle sue mostre in corso. È forte il timore che il target sia sbagliato. A Londra le fotografie sono in mostra ed in vendita presso il negozio Liberty, filiale di Regent Street, grazie ad un accordo con la galleria FlaereA New York fino al 24 agosto l’esposizione alla Winston Wachter Fine Arts, 530 Street West 25, Chelsea. 

Comunque sì, le foto sono piccole apposta. Non è mancanza di senso praticoestetico. Costretti ad andare sul sito, no?


giovedì 9 febbraio 2012

LA SINDROME DEL PESCE ROSSO


I giapponesi. Sono sempre i giapponesi a fare queste cose. Però, la maggior parte delle volte a loro riesce "tutto". L'ultimo personaggio portato alla ribalta è il signor Riusuke Fukahori (il link risulterà pressochè inutile senza una consistente conoscenza di ideogrammi vari).

Lui è un artista giapponese.

I giapponesi non resistono al fascino dei pesci rossi.
Nemmeno lui poteva rimanere indifferente di fronte a quelle guizzanti pinnette.

E quale tributo migliore a questi animali acquatici se non opere in 3D? Sì, ok, però realizzate in 2D (fino a prova contraria anche i giapponesi sono ancora essere umani). Ok, da capo: Riusuke prende superfici in due dimensioni, dipinge, cola una strato di resina, poi dipinge di nuovo, giù di nuovo resina e via così.
Impressionante.

E poi come si fa a non pensare al sushi?? Da vedere.


mercoledì 18 gennaio 2012

ROSSETTO E PERSEVERANZA

Body art, nail art, LIP ART. Ora praticamente qualunque cosa può diventare "art". Prendi quello che ti riesce meglio (o meno peggio), ci attacchi "art" e diventi un fenomeno. Con più o meno merito.
Mettendo da parte la personalità anti-gaina, ecco l'ultima stella del web: Paige Thompson. Cercando forse di emulare le prodezze di Clio make-up (anche se probabilmente nemmeno sa chi è) che da povera nerd postatrice di tutorial cosmetici su youtube ora avrà un programma televisivo, la cara Paige ha una "leggera" vena maniacale.
Poteva sfuggire ad un'intervista? No. Ma certo avrebbe potuto rifiutarsi di rispondere.
"Ho scoperto il mio interesse per la lip-art (ma non suona male come parola??) nell'estate 2008 (pronti, posti, via!). Ho cominciato a provare la pittura per il viso e dopo aver visto su Deviantart il lavoro di altre persone che usavano il volto come una tela, ho deciso di provare pure io". Imitazione e spirito di competizione: ci sarà un motivo se ci siamo evoluti.
Il primo progetto della sua animal-lipstick-art è stato un calabrone. Poi il gatto nero, la volpe e tutti gli animali della fattoria.


Per chi volesse provare le istruzioni per l'uso: "Io uso Kroylan (ma esiste in Europa?). La loro pittura per il viso non è troppo pastosa nè troppo acquosa. Bisogna solamente bagnare la punta del pennello e applicare il colore desiderato sulle labbra (l'inizio di un film porno)". Il gioco è fatto.



"Sono sempre stata l'unica modella di me stessa. L'unico problema è che più parlo o più mangio, più velocemente il colore si stacca dalle labbra". Zitta e anoressica, una missione.


Ed eccola qui: una ventiduenne texana all'ultimo semestre della North Texas University, appassionata di disegno. Da grande vorrebbe diventare concept artist per giochi o film, ma intanto si gode la popolarità. "Un consiglio per gli aspiranti artisti là fuori: se avete un'idea, seguitela. La perseveranza porta lontano".

Il potere di un paio di labbra.