O mio dio. O mio dio. O mio dio.
Eccolo, il mio nuovo amore. Carnivale.
Ho scoperto tardissimo quest’altra perla, targata HBO: statunitense di nascita, è arrivata in Italia nel 2005, ma io me la gusto adesso. Perché l’avessi persa all’epoca? Solite storie di cattiva programmazione televisiva: trasmettere una serie così su Jimmy non mi pare sia stata una grande mossa. Ma comunque.
La serie si regge su un classico: la lotta tra bene e male. Ma il modo in cui di dipana tutta la questione non è per niente classico.
Prima di tutto dalla trama. Già la prima puntata è da mozzare il fiato, come quando un dito rimane incastrato nella portiera della macchina, più o meno. La scena si apre sulla landa desolata dell’Oklahoma del 1934, una casetta disastrata, lui – Ben – tutto zozzo, la madre in fin di vita. E già dici, ok. La madre muore, la seppellisce, si improvvisa un funerale e poi lui parte con questi del circo.
Storia parallela: un pretino di periferia con gli occhi assatanati alle prese con la sua comunità, mica tanto a posto pure loro. Una vomita monete così per così, mah.
Ma torniamo a Ben. Allora, lui si unisce al circo e lì si becca tutti i soliti fricchettoni del caso: la donna barbuta tutta ciccia e narghilè, la sensitiva secca dura nel letto, l’uomo-lucertola con un accenno di coda che gli esce dai pantaloni, le gemelle siamesi attaccate per una chiappa, il telepata cieco. Insomma, i soliti personaggi. Ma ovviamente tra tutti spicca lei, Sophie, l’indovina, quella che si capisce che tanto lui si farà: la sventurata, perché sì è una sfigata, gli fa le carte per vedere il suo passato e ne esce un quadro davvero disastroso. Che fine, quella povera gattina.
Leit-motive dell’episodio, ma penso della serie intera, il sogno che Ben continua a fare: guerra, soldati, morti, mutilati, un uomo tatuato, un campo. Tanta angoscia. Per non parlare di quando pure il prete farà lo stesso sogno. Brividi.
Complimenti sulla sigla a parte, il primo episodio è solo la prima dose di follia che Daniel Knauf offre al suo pubblico, perché tanto sa già che di questa serie non si potrà più fare a meno. Ha quel giusto friccicorìo che non ti fa smettere di guardarla, ma che ti fa venire la voglia di vedere come va avanti. Carnivale è davvero la serie più originale di questi ultimi anni. O meglio, il primo episodio lo fa sperare. Le atmosfere cupe e sinistre, la componente soprannaturali, l’introspezione della psiche, le perversioni dei personaggi. Senza dimenticare le scene cruente, violente e inquietanti (non voglio parlare di quello che la mente di quel ragazzo può partorire). Sì, sì, grandi aspettative.
Qualche chicca:
- la sorella del prete pazzo-pazzo prete non sembra la fotocopia dell'attrice che in “L’avvocato del diavolo” faceva la bigotta madre di Keanu Reeves??
- la cara Sophie, l’indovina – povera – è abbonata ai ruoli tragici: da Ragazze interrotte a 21 grammi, da Anamorph a The Grudge; per non parlare delle tristi sorti che le sono toccate negli episodi di CSI (era la povera Abigail Spencer) e di Grey’s Anatomy (moglie del malato di tumore al cervello che da fuori di matto) ai quali ha partecipato
- lo smargiassone della baracca, Clayton 'Jonesy' Jones, è il caro Peter Burke, agente dell’FBI della serie White Collar
- una delle prostitute, quella magra e malaticcia, Libby Dreifuss, è anche Daisy Wick, la dottoranda fuori di testa di Bones.
E ora mi guardo la seconda puntata.
Nessun commento:
Posta un commento